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Ma quella sera non volle leggere. Era tardi, ed egli aveva bisogno di qualche ora di sonno. Bisognava arrivare al Gaia sereno e riposato. E invece che letteratura regalò a Giulio ancora dell'altro affetto. Lo trattò maternamente, con autorità e con grande dolcezza, con imposizioni e promesse. Gli disse che ora doveva dormire, ma che la sera appresso sarebbero ritornati insieme al loro dolce costume antico. Gli avrebbe letto cose d'altri, ma anche cose proprie di cui non gli aveva parlato mai e che ora gli confidava. Tante favole raccolte nella solitudine più assoluta. Nessun altro doveva sospettarne l'esistenza. Si trattava di una letteratura casalinga, nata nel cortile e destinata a quella camera. Anzi non era letteratura perchè letteratura è una cosa che si vende e si compera. Questa era per loro due e nessun altro. “Vedrai, vedrai. Son brevi, e non s'adattano perciò a ninna nanna. Ma io ti dirò, leggendole, come son nate, perchè ognuna d'esse ricorda una mia giornata, anzi la correzione della mia giornata. Ho da pentirmi di tutto quello che feci, ma vedrai che il mio pensiero fu più accorto delle mie azioni”. Poco dopo Giulio russava, e Mario, beato del suo successo col fratello, s'addormentò anche lui non molto più tardi. E al sibilo violento della bora, fecero bordone i suoni ritmici di Giulio e, presto, anche qualche alto grido di Mario, che, nel sogno, continuava ad essere convinto di meritare altro, di meritare meglio. La burla non arrivava ad alterare il suo sogno.




VIII

Ma la mattina di buon'ora, egli si destò e ritrovò il suo dolore e la sua ira. Il mondo, ove tuttavia imperversava la bora sotto ad un cielo fosco, gli appariva ben triste, perchè privato dell'esistenza del Westermann. Il fratello dormiva ancora. Andò alla sua porta. Mario sorrise contento al sentire che nel lungo riposo la respirazione del dormente s'era fatta meno rumorosa. Pensò ad alta voce: “Ritorno subito a te, intero, a te che mi vuoi bene”.

 

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Pero esta noche no quería leer. Era tarde y le hacía falta dormir un par de horas. Era necesario de acercarse al Gaia tranquilo y descansado y envez de literatura regaló a Giulio más afecto. Lo trató como una madre, con autoridad y con gran dulzura, con órdenes y promesas. Le dijo que ahora debía dormir, pero que la noche siguiente volverían a su dulce costumbre viejo. Que le leería cosas de otros, pero también cosas propias, de los cuales no le había hablado nunca y que ahora le confiaba. Tantas fábulas coleccionados en la soledad más absoluta. Ningún otro debía sospechar que existiesen. Se trataba de una literatura casera, nacida en el patio y destinada a este cuarto. Por lo tanto no era realmente literatura, porque literatura es una cosa que se vende y se compra. Esta era para ellos sólo y nadie más. "Verás, verás. Es corta y no se prestan muy bien como canción de cuna. Pero yo te diré, cuando los leo, como nacieron, porque cada una de esta recuerda a un día mio. Tengo que arrepentirme de todo lo que había hecho, pero verás que mi pensamiento era más astuto que mis acciones." Poco después Giulio roncaba y Mario, encantado por el éxito logrado con su hermano, se endormeció también poco más tarde. El susurro del viento del norte fue acompañado del zumbido rítmico de Giulio y dentro de poco también por uno u otro alto crito de Mario, que en el sueño continuaba a estar convencido que merecía más, que merecía algo mejor. La burla no lograba a cambiar su sueño.

VII

Pero al despertarse por la mañana se despertó y de nuevo fue invadido de dolor y de ira. El mundo, donde debajo de un cielo turbio rabiaba todavía el viento de norte, le parecía bien triste, porque desprovisa de la existencia de Westermann. Mario sonreía contento al oír que en el largo reposo la respiración del durmiente se había hecho menos rumoroso. Pensaba en alta voz: "Vuelvo en seguida a ti, todo tuyo, a ti, que me tiene tanto cariño."