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Ricordava però l'angoscia sofferta la notte e, attaccandosi affettuosamente al braccio del Gaia, propose che nel contratto fosse inserita una clausola che obbligasse il Westermann alla pubblicazione del romanzo almeno in tedesco prima della fine del diciannove. Aveva fretta il povero Mario, e avrebbe voluto anche sacrificare una parte delle duecentomila corone, se con ciò avesse potuto affrettare l'avvento del grande successo. “Io non sono più tanto giovine - disse per scusarsi - e vorrei veder tradotto il mio romanzo prima della mia morte”. Il Gaia era indignato, e il suo disprezzo per Mario cresceva nella proporzione in cui aumentava l'affetto di questo per lui. Ci voleva una bella presunzione a discutere la proposta che gli veniva fatta per quello straccio di romanzo privo di valore. Come aveva saputo celare il riso, così soppresse - e con la stessa fatica - ogni manifestazione di disdegno, e per poter ridere meglio più tardi, avrebbe anche voluto trovare il modo d'inserire nel contratto la clausola desiderata da Mario. Ma non c'era posto in quelle pagine (veramente dedicate ad un contratto per il trasporto di vino in vagoni cisterna) eppoi non c'era la possibilità di lavorare in presenza di Mario o anche di fingere di lavorare con quella voglia di schiattare dal ridere in corpo. Il Gaia, dopo un momento di esitazione riempito da tanta malizia che si sentì costretto a coprirsi la faccia con la mano per grattarsi prima il naso, poi la fronte e infine il mento (sapeva forse ridere con una parte del viso alla volta) si mise gravemente a discutere la domanda di Mario. Dapprima emise il dubbio che forse il Westermannn si sarebbe potuto seccare di tante pretese, eppoi, vedendo che Mario appariva dolente di vedersi negata una domanda che non danneggiava in niente il Westermann, e dava tanta quiete a lui, ebbe un'alzata d'ingegno: “Ma non credi che chi pagò duecentomila corone avrà ogni ragione d'affrettarsi a far fruttare il suo denaro?”. Mario riconobbe la bontà dell'argomento, ma il suo desiderio era tanto forte che qualunque argomento non sarebbe bastato ad annullarlo. Attendere ancora? Che cosa avrebbe fatto tutto quel tempo? Le favole non si fanno che in giornate ricche di sorprese. Aspettare è un'avventura, anzi una sventura sola, e può dare una favola sola, ch'egli aveva già fatta: la storia di quel passero che moriva di fame aspettando del pane là ove, per caso, una volta sola ne era stato sparso (esempio d'ingordigia e d'inerzia associate, che si ritrova talvolta nelle favole): Mario era esitante. Cercò e non trovò qualche altra parola (non troppo forte) per insistere nella propria preghiera. E ci fu perciò un'altra pausa nelle trattative. Il Gaia centellinava il suo caffè e aspettava il consenso di Mario, che, evidentemente, non poteva mancare. Mario guardava la calvizie del rappresentante di Westermann, il quale rileggeva attentamente il contratto ficcandoci il naso lungo, affilato, sul quale tremavano gli occhiali. Perchè tremavano quegli occhiali? Forse perchè quel naso passava sul contratto da parola a parola, per vedere se il desiderio di Mario vi fosse già appagato. La calvizie del tedesco, che gli era rivolta come una faccia muta, cieca e priva di naso, era molto seria, perchè le mancavano gli organi per ridere. Anzi - pelle rossa sporcata da qualche pelo fulvo - era tragica. "Infine - pensò Mario - avrò pazienza e non appena avuti i denari potrò render pubblico il mio successo. Sarà come se il libro fosse stato già tradotto". E, rassegnato, s'accinse a firmare il contratto con la penna a serbatoio prestatagli dal Gaia.

 



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Sin embargo se recordó de la angustia la noche pasada y agarrandose con afecto al brazo de Gaia le propuso que en el contrato fuera inserido una clausula que obligara al Westermann de publicar la novela por lo menos en alemán antes del diecinueve. Tenía prisa el pobre Mario y habría sacrificado parte de dos mil coronas si con esto se habría podido acelerar la llegad del gran éxito. "Yo ya no soy tan jóven", dijo para excusarse, "y quisiera ver traducido mi novela antes de mi muerte." Gaia estaba indignado y su desprecio por él aumentaba proporcialmente al afecto que este tenía por él. Hacía falta mucha petulancia para discutir sobre la propuesta que acaba de hacerse por esta novela desprovisto de valor. Al igual que había sabido suprimir la risa, ahora suprimía, y con el mismo esfuerzo, cualquier manifestación de desdeño y para poder reír más todavía después, habría querido inserir también en el contrato la clausula deseada de Mario. Pero no había donde ponerla en esta páginas (en realidad se trata de un contrato por el trasporte de vino en vagones de cisterna) y encima no se podía trabajar o fingir de trabajar en la presencia de Mario con este deseo de estallar en carcajadas en el cuerpo. Gaia, después de un momento de hesitación, lleno de tanta malicia que se sintió obligado a cubrirse la cara con la mano para rascarse primero la nariz, después la frente y finalmente el mentón (sabía talvez reír con solo una parte de la cara) se puso gravemente a discutir la solicitud de Mario. Primero adujo que probablemente Westermann podría fastidiarse de tantas exigencias y después, cuando veía que Mario parecía dolido que se le había negado una solicitud que no hacía ningún daño a Westermann y tranquilizaría tanto a él, tuvo una idea ingeniosa: "Pero no crees que alguien que pagó dos mil coronas tendrá mucha razón para apurarse de recuperar su dinero?" Mario reconoció la calidad del argumento, pero su deseo fue tan fuerte que ningún argumento le habría bastado para satisfacerlo. Esperar todavía? Qué cosa habría hecho todo el tiempo. La fábulas se las hace solo en días con muchas sorpresas. Esperar es una sola aventura, o una desgracia sola y por lo tanto rinde solamente una fábula, que él ya había escrito: Era la historia de aquél gorrión que moría de hambre esperando encontrar el pan en un sitio donde solo una vez, por acasualidad, había sido esparcido (un ejemplo de voracidad mezclado con inercia, que se encuentra de vez en cuando en las fábulas): Mario hesitó. Buscaba y no encontraba otra palabra (que no sea demasiado forte) para insistir en su solicitud. Y había por lo tanto otra pausa en las tratativas. Gaia gozaba de su café y esperaba el consenso de Mario, que, obviamente, no podía dejarse esperar. Mario miraba la pelada del representante de Westermann, el cual releía atentamente el contrato, metido su nariz larga y afilada, sobre la cual tambaleaban unas gafas, en él. Porque tambaleaban estas gafas? Talvez porque esta nariz pasaba sobre el contrato palabra por palabra, para ver si el deseo de Mario no era ya incluído. La pelada del alemán, que estaba dirigida hacia él, ciego y desprovisto de nariz, era muy seria, porque le faltaban los órganos para reír. Trágico ese piel rojo ensuciado por algunos pelos, pensó Mario, tendré paciencia y imediatamente después de haber recibido el dinero podré anunciar mi éxito. Sería como si el libro fuera ya traducido. Resignado se puso a firmar el contrato con la pluma que le había dado Gaia.






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