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33 La notte sarebbe stata orrenda, se non fossero intervenute ad alleviarla le favole. Capitarono innocenti, come se l'avventura col Westermann non le riguardasse, e trovarono subito e incontrastato l'accesso a quella stanza. Meritavano tale accoglienza. Esse erano purissime, non bruttate dalla burla. Nessuno aveva potuto spiarle. Erano più pure ancora perchè Mario stesso non le aveva mai considerate se non una sua appendice, una sua forma di sorriso e di respiro. Il Gaia non aveva previsto ch'egli poteva guarire Mario da una letteratura, ma non da tutta la letteratura. Eran tre le gentili soccorritrici e si tenevan per mano, ma ciascuna gli si rivelò distinta al momento opportuno per confortarlo e guidarlo. Ecco come si manifestò la prima: Mario tremava al pensiero che forse egli non avrebbe saputo essere virile abbastanza per punire il Gaia, non perchè temesse di lui, ma perchè non avrebbe saputo abbordarlo e affrontare la sua derisione meritata. Un uccellino accanto a lui sospirava: “Anche la debolezza ha il suo conforto”. E nasceva la favola: “Un uccellino fu strozzato da uno sparviero. Non gli fu lasciato che il tempo sufficiente ad una protesta molto breve, un solo altissimo grido d'indignazione. All'uccellino parve di aver fatto tutto il suo dovere, e la sua animuccia se ne vantò, e volò superba verso il sole per perdersi nell'azzurro”. Quale conforto! Mario si fermò ad ammirare quell'azzurro cui l'anima degli uccellini appartiene come la nostra al paradiso. La seconda venne a correggere con un sorriso il proposito gridato ad alta voce di non occuparsi mai più di letteratura. Arrivava ben tardi quel proposito. E Mario ne seppe ridere come se qualche bestiolina innocente accanto a lui avesse commesso il medesimo errore: “Un uccellino fu ferito da un colpo di fucile. L'ultimo suo sforzo fu dedicato a involarsi dal luogo ove era stato colpito con tanto fragore. Riuscì a ficcarsi nell'oscurità del bosco ove spirò mormorando: "Son salvo"”. |
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