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30 Ma prima, e neppure durante quei brevi istanti di luce vivida, egli mai pensò di potersi ergere fino a respingere il successo che gli si offriva. Invano la voce di Epicuro, resa fioca dalla lontananza nel tempo, predicava: “Vivi celato!”. Egli anelava alla notorietà come tutti coloro che credono di poterla raggiungere, ed era ammalato per la lunga, vana attesa. VII Il Gaia era sorpreso e seccato che Mario non diffondesse lui stesso la burla. Egli non la diffondeva per non compromettersi di più, eppoi perchè credeva che non ce ne sarebbe stato bisogno. S'era atteso anzi di vederla resa pubblica in qualche giornale locale da qualche amico di Mario. Che sorta di autore era Mario se non correva per la città a divulgare il suo successo? Sempre più occupato, il Gaia non trovava il tempo di abbordare Mario per farlo ciarlare e goderne. E la burla che tardava tanto a dare i suoi frutti, restava per lui sempre alta, una promessa di gioia meritata. Una sera, ritornato da una corsa faticosa in un vagoncino della piccola, lenta e perciò lunga ferrovia istriana, egli si fermò per molte ore in un'osteria a bere in compagnia di alcuni amici. E come il vino doveva fargli dimenticare l'afa del vagoncino, così rievocò la burla per distrarsi dal ricordo dei noiosi affari. La raccontò, eppoi ebbe un'idea che lo incantò. Propose che uno dei presenti che conosceva i Samigli, andasse da Mario a proporgli da parte di un altro editore tedesco l'acquisto del libro ad un prezzo anche superiore a quello offerto dal Westermann, e con un contratto che impegnasse l'editore alla pubblicazione immediata del romanzo. Schiattava dal ridere pensando al rammarico di Mario di trovarsi già impegnato col Westermann. I presenti trovarono malvagia la burla e rifiutarono di collaborarvi, e il Gaia vi rinunziò facendosi promettere da loro che non avrebbero detto nulla ai due fratelli di quanto era stato parlato quella sera. Poi egli non ci pensò più, ciò che per lui era la cosa più facile. La prima burla l'aveva già divertito moltissimo e doveva derivargli da essa dell'altra gioia, se non altro quella di assistere al dolore di Mario, e forse, a quella ch'egli diceva la sua guarigione da tutte le sue presunzioni. Gli pareva facile di saper sottrarsi ad ogni rimprovero. Il rappresentante di Westermann non era altri che un commesso viaggiatore che aveva fatta la piazza di Trieste quando l'Austria vi si era disfatta, ciò che l'aveva condannato all'ozio e reso propenso a collaborare ad una lieta burla. Oramai si trovava ben lontano da Trieste, e il Gaia avrebbe potuto asserire d'essere stato giuocato anche lui. Ammetteva che forse Mario avrebbe potuto avere tanto spirito da ridere anche lui della burla. Ciò non era molto probabile, perchè gli uomini che amano la gloria non sanno ridere, ma se Mario si fosse saputo elevare a tanta altezza, egli avrebbe saputo farsi suo degno compagno, e con lui, in piena amicizia, avrebbe saputo bere. Ma intanto aveva commesso una grande imprudenza. Uno di quei suoi amici serbò il silenzio con tutti meno che con la propria famiglia, ed un suo figliuolo ch'egli mandava talvolta dai Samigli ad informarsi di loro, riferì a Giulio a un di presso quanto aveva appreso. Raccontò che il Gaia aveva burlato Mario facendogli credere che un capocomico Giosterman si impegnava a rappresentare una sua commedia. Il tutto era tanto sbagliato che Giulio dapprima credette si trattasse di tutt'altra cosa e non concernesse Mario. |
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